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Georgie, la nuova saga (I) 7 - Le nozze

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Rubina1970's avatar
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E venne il giorno tanto atteso, finalmente. Il sole sorse come gli altri giorni (un po’ velato, veramente, dall’umidità notturna che si andò diradando con le ore), e l’autunno che iniziava fu clemente come il giorno prima. Londra stava vivendo un momento sospeso di luce dorata ―  e foglie ramate, ambra, gialle, verdi screziate di arancio ― dopo il verde radioso dell’estate e prima del grigio spietato ed ineluttabile della brutta stagione; apparentemente, questo era l’unico elemento di eccezionalità di quella giornata.
 
Invece, Georgie si alzò dal letto con la consapevolezza che sarebbe cambiato tutto, quel giorno. Non sarebbe più tornata a dormire lì, anche perché la casa era del Conte Wilson, e, tornando eventualmente, in Inghilterra avrebbe dormito a casa Gerard o a casa Grey:
 
― Georgie, vagabonda! Dov’è casa tua?  ― chiese alla propria immagine riflessa nello specchio. “Dove andrà Lowell.” si rispose in silenzio.
 
Avrebbe lasciato la camicia da notte, per farsela spedire una volta lavata ad un indirizzo che ancora non conosceva, e avrebbe dormito con una di quelle da sposa, bianchissime e ricamatissime, a partire dalla notte successiva. Quella notte … pensò a Lowell e perse il filo di quello che stava facendo. Ah, già, scendere per la colazione. Far presto. Appeso in tutto il suo splendore ed illuminato dalla luce gentile di settembre, c’era il suo abito da sposa bianco candido. Una risatina nervosa: “Lowell, amore mio, manca poco e sarò tua moglie!”.


La mattinata passò, anche se a tratti troppo in fretta e a tratti troppo lentamente (a seconda che ci si preoccupasse di tutte le cose da fare, o che prevalessero l’ansia e l’impazienza). E subito dopo pranzo, ci pensò la parrucchiera a distrarre Georgie. Poi Emma, bellissima anche lei e pronta ad agghindare Georgie dalla testa in giù. Poi, i Barnes e la famiglia di Joy: due stupende damigelle in bianco latte e rose fucsia non stavano più nella pelle, e tutte le dame cinguettavano e si congratulavano, si commuovevano e s’incoraggiavano a vicenda a non perdere tempo:
 
― Il bouquet! …
 
― Il velo va così?
 
― Piano con le forcine!
 
― Sei bellissima! Pensa, quando Lowell ti vedrà …
 
I due ragazzi fecero in modo di stare lontani dalla camera di Georgie il più possibile, una volta finito di pranzare (Abel non perdeva il suo appetito nemmeno in una simile circostanza). Del resto, avevano da fare anche loro, e si erano ormai resi conto di quanto potesse essere elaborata l’eleganza maschile. I camerieri personali del padrone di casa e del Conte Gerard, rispettivamente, s’impegnarono al massimo perché anche i due giovani fossero impeccabili, con le loro giacche di raso impreziosite da due stupendi garofani bianchi, e dalle quali spuntavano i magnifici ricami delle loro camicie immacolate. Alla fine, Abel e Arthur si guardarono a vicenda; Arthur sorrise compiaciuto; Abel si strinse nelle spalle; suo fratello gli disse solo:
 
― Coraggio …
 
Il Conte Gerard … tremava quasi per l’emozione, aveva dormito pochissimo e non era contento fino in fondo: era un papà che lasciava andare sposa sua figlia, sapendo che sarebbe partita per un paese lontano e non solo per un viaggio di nozze, e questo poco dopo una separazione durata quasi quindici anni. Ma era orgoglioso e felice per lei, pensando che sarebbe stata onorata e amata. Come anche sua madre avrebbe meritato di essere. Il pensiero di Sophia era più presente del solito, per lui, quel giorno, e gli mancava più che mai: che crudeltà del destino poteva aver voluto che sua moglie, anche lei sposa da non molto tempo, subisse l’umiliazione del confino, del campo dove vivevano stentatamente i deportati, del disonore e poi … morire così, da sola, sotto la pioggia … Come sarebbe stato bello vederla sorridere nel guardare sua figlia, quel gran giorno! E, almeno lei, poi gli sarebbe rimasta vicino … Ma questi pensieri il buon Conte se li teneva per sé: non era consentito essere tristi.
 
Lowell J. Grey aveva preso una forte dose della valeriana di sua madre, la sera prima, per poter dormire. Alla fine, bene o male, si era addormentato. Quella mattina, sveglio come un grillo, aveva baciato sua nonna, tornando poi in camera sua a passo di danza. Si sentiva euforico ed innamorato. E poi, quando fu pronto per uscire, si sentì fiero di sé: con la giacca grigio perla, la cravatta impreziosita da un gioiello di famiglia, e tutto il resto, era lo sposo più bello che si potesse immaginare. Perfino sua madre … e perfino suo padre (osservò con emozione il giovane) parevano commossi per lui!
 
Poi, si corse: al pianterreno, alle carrozze, prima lo sposo, sua madre, suo padre (“No, vicino a me si mette la nonna!” “Oh, va bene Lowell! Uffa …”), il testimone subito dietro la carrozza dello sposo, alla chiesa (“Oddio, che traffico!”), tutto bene, tutto in orario! Poi, gli invitati (“Sposa o sposo? Prego, di qua”), e l’attesa. Lowell in piedi, un po’ nervoso. Poi, di colpo, Lowell si calmò: Georgie sarebbe arrivata a minuti per diventare sua moglie. Quanto avevano lottato per questo? Quanto avevano pianto? Avevano perso perfino la speranza, ma non la voglia di amarsi, e la loro fedeltà era stata premiata.
 
Elisa si avvicinò a Lowell percorrendo una delle navate laterali, e gli tese la mano, solo un po’agitata ma sorridente:
 
― Lowell … Ciao. Ce l’hai fatta! Ti volevo fare tanti auguri.
 
― Grazie! Elisa, sei stata buona a venire! Anch’io ti auguro tanta felicità, e mi fa piacere potertelo dire, finalmente … Pensa come sarà contenta Georgie di vederti, aveva paura che non venissi!
 
― No, io non resto. Scusami, ma non ce la faccio. Volevo solo farti gli auguri, vado via … Giustificami tu con Georgie, ti prego, e dille che auguro ogni bene possibile anche a lei. Chissà come sarà bella, oggi! Beh … Ciao, Lowell. Buon viaggio, e … riguardati … Ciao!
 
― Grazie ancora, ciao … ―, ma Elisa si era già voltata, e a grandi passi percorreva la navata centrale senza guardare né a destra né a sinistra, e tantomeno indietro, incurante di qualche sguardo incuriosito di chi l’aveva riconosciuta. ― Buona fortuna, e scusami tu … Sii felice, Elisa.
 
Dieci minuti dopo, Georgie, al braccio di suo padre, preceduta da Joy e Catherine che spargevano petali di rose rosa carico sul tappeto, entrò, al suono dell’organo, nella grande cattedrale.
 
Camminò sicura ma inconsapevole dei propri passi, guardando Lowell davanti a sé attraverso il tulle, illuminata da un sole obliquo che filtrava dalle vetrate gotiche. Era una delle prime volte in vita sua che portava il busto, e un profumo prezioso, e tutto questo contribuiva a farla sentire una regina. Le sembrava che tutta quella gente non ci fosse: sentiva l’appoggio sicuro del braccio paterno e gli era grata, sapeva che lì c’erano alcune persone che l’amavano molto e il suo cuore traboccava d’amore per loro, ed era grata a tutti. Ma soprattutto, c’era Lowell di fronte a lei. Pensò anche a chi era in Cielo: “Papà … mamma … mamma Sophia … vi voglio bene … ecco il mio sposo …”
 
Le formule furono recitate. Gli sposi furono chiamati a riflettere sul valore della loro scelta, e a Lowell fu posta una domanda. Disse di sì con la voce rotta e gli occhi lucidi. La stessa domanda fu rivolta a Georgie, e lei, serena, disse di sì.
 
Abel fu costretto ad aggrapparsi ad Arthur, il quale per fortuna se l’aspettava e lo sorresse con sicurezza. Era fatta! Altre formule furono recitate, ci fu lo scambio degli anelli. Arthur si asciugò una lacrima, il Conte Gerard non ci provò neppure. La nonna di Lowell singhiozzava. Lowell e Georgie erano marito e moglie.
 
Le ultime formalità furono sbrigate, e finalmente cominciarono i saluti e gli abbracci, le congratulazioni e gli auguri.
 
Anche Maria si avvicinò agli sposi per congratularsi. Georgie e Lowell furono particolarmente affettuosi con lei, e il Conte Gerard pareva addirittura volerla coccolare. Fu allora che Arthur si voltò verso il gruppetto e la vide: portava il lutto per la morte di padre e fratello, e la sua acconciatura era diversa dal solito, molto più elaborata. Per la verità, le stava benissimo, come i gioielli importanti che aveva messo, e l’abito la slanciava molto; sembrava anche molto cresciuta, in poche settimane, perché aveva un’aria più seria e consapevole del solito. Lui era felice di vederla, e le andò incontro subito, ringraziandola per essere venuta. La loro conversazione fu abbastanza formale, anche per via della presenza della zia di Maria, una dama imponente, pretenziosa nello stile ma al tempo stesso austera. Ma Arthur notò che Maria aveva un sorriso mesto …
 
Poi, gli sposi montarono nella sontuosa carrozza nuziale scoperta e decorata, e Lowell aspettò che i bambini la circondassero per lanciare loro monetine e caramelle, nell’euforia generale. Il corteo partì e raggiunse il palazzo della festa.
 
In realtà, mai si era vista festa più democratica, e l’insieme stranamente non stonava, perché tutte quelle persone erano lì per far felici Georgie e Lowell: non c’era niente di formale, anche se tutti erano assai eleganti. Nessun invitato sgradito, nessuna strana presenza.
 
C’erano tutti gli amici londinesi. E c’era Maria Dangering: quando al ricevimento la ragazza e la zia furono annunciate, il brusio di disapprovazione che seguì i loro nomi confermò ad Arthur che la sua dolce salvatrice doveva aver fatto un grosso sforzo per presentarsi. Era la stessa accoglienza scandalizzata che era toccata ad Elisa qualche settimana prima, al debutto di Georgie in società, ma Arthur quella volta non c’era e non si aspettava che la nobiltà fosse così critica verso Maria. Il Conte Gerard, però, non perse neanche un attimo: le andò incontro e le baciò la mano, per dimostrare a tutti che la giovane futura Duchessa Dangering era la benvenuta, poi scortò personalmente nella grande sala lei e la zia, e Arthur vide Maria molto sollevata.
 
Lo stato d’animo di Abel era ben diverso. Si sforzava di non pensare al dopo, al ritorno a casa senza Georgie (gli sposi avrebbero trascorso la notte a casa di Lowell prima di partire l’indomani) e a quello che significava. Ma era molto meglio che essere costretto a vederli salire in camera loro, come sarebbe successo se la loro prima notte l’avessero dovuta passare a casa del Conte Wilson! Avrebbe anche voluto non notare l’affiatamento che c’era tra lei e Lowell, pur essendo ben consapevole che questo era il miglior auspicio possibile perché lei fosse felice. Tentava di non guardarli nemmeno, ed invece non poteva evitare di guardarla, mentre apriva le danze volteggiando raggiante nel suo vestito bianco con perle ricamate, tra le braccia del suo sposo. Al dito, Georgie portava un anello nuovo, e brillava pure quello. Una stella bionda si muoveva per la sala, ed era tutta di Lowell.
 
Arthur era più a suo agio. Rispetto al ballo dai Dangering, quello era uno scherzo, anche se era quasi l’addio con Georgie. Non aveva voglia di tristezza, però, e infatti era felice per lei, così felice che si stupì … perché voleva davvero dire che i sentimenti della sua pubertà erano passati. Quello che spezzava il cuore di suo fratello, dava gioia a lui. Così, ballò volentieri il valzer con Catherine (che lo aveva preteso!). E dopo il valzer, fu annunciato un reel, e le coppie furono invitate a formarsi per quella danza allegra e sfrenata. Vicino ad una delle enormi finestre aperte sul parco, c’era Maria, ed Arthur fu veloce a raggiungerla:
 
― Non ti ho ancora detto quanto mi piace la tua nuova acconciatura, e non ti ho nemmeno invitata a ballare! Vuoi? –, Maria sorrise con un’emozione evidente, perché Arthur le aveva fatto un complimento inatteso!
 
― Grazie! Vorrei, ma … sai, il lutto …
 
― Oh, certo! … perdonami! Come ho potuto essere così indelicato? – Arthur era arrossito per la mortificazione: ― Devi essere addolorata, mi dispiace tanto …
 
― No! Per la verità, non lo sono. – Ora, Arthur era davvero meravigliato, e la sua espressione forse lo rivelò, perché Maria si sentì molto a disagio, pur continuando a parlare: ― Mia zia penserebbe che sono una figlia snaturata, una sorella senza cuore, ma forse tu puoi capirmi: io detesto tutto quello che mio padre e mio fratello realmente erano. Mai avrei creduto che fossero capaci di cose così orribili: tradimento della Corona, omicidi, contrabbando, sequestro di persona nel tuo caso, e poi … nel tuo caso … forse quello che hanno fatto a te è peggio di quello che hanno fatto alla mia amata Inghilterra! Mio padre non mi capiva, e Arwin l’ho pianto pure troppo. Fosse per me, ballerei, eccome! Ma devo salvare le apparenze …
 
Arthur sorrise, la prese per mano e la portò all’aperto. Sempre sorridendo, e senza parlare, girò a sinistra sul vasto spiazzo lastricato antistante la facciata della casa, uscendo dalla luce dei finestroni, e avvicinandosi al giardino quanto bastava per essere lontani dall’illuminazione:
 
― Signorina, oso ripetere la mia proposta: mi concederebbe questa danza?
 
Maria rise per il suo tono buffo (e la sua risata sincera allargò il cuore ad Arthur), fece un grazioso inchino e si mise in posizione: erano soli, il buio li proteggeva, e finalmente le apparenze e i nomi non contavano più. Si lanciarono nel ballo, allegro, saltellante e frenetico come solo un reel può essere, più veloci delle preoccupazioni e delle sofferenze degli ultimi mesi.
 
Quando la musica finì, Arthur e Maria si fermarono ansimando e ridendo ancora. Si guardavano senza vedersi realmente, perché si erano allontanati ancora dalla casa, e ormai erano sotto le prime piante scure, ma si sorridevano, e sapevano che l’altro ricambiava il sorriso.
 
― Sai, era un pezzo che non stavo così bene. Ballare mi piace, e soprattutto ti ho fatto sorridere! Sei stata il mio unico conforto, a casa dei tuoi, senza parlare di tutto quello che hai fatto per salvarmi, e io per te riesco a fare così poco …
 
― No, niente gratitudine, ti prego … Altrimenti dovrò sgridarti.
 
― Sgridarmi, e perché? Solo perché ti sono riconoscente?
 
― No … ― , di colpo Arthur percepì che Maria si era fatta seria. – Perché mi hai mentito per mesi …
 
Questa fu come una frustata per Arthur! Non l’aveva mai considerata in questo modo, ma in effetti dal punto di vista di Maria poteva sembrare proprio così: lui aveva recitato la parte del fidanzato per dei mesi.
 
― Perché l’hai fatto?! Io ti avrei aiutato prima, ti avrei creduto, o pensavi di non poterti fidare di me? Se davvero ti sono stata di un qualche conforto, perché non hai pensato a me? – Maria sussurrava, ma c’era qualche cosa di stridente e doloroso nella sua voce: ― Io ci credevo, sai? Credevo di essere la tua fidanzata, che tu mi … Oh, perché?
 
― Chiamami vigliacco, se vuoi: l’ho fatto perché avevo paura. – Arthur sussurrò a sua volta, iniziando a tremare: ― Io ero continuamente sorvegliato, spiato, e non potevo parlare liberamente con nessuno. A quel ballo, quella sera, incontrai Georgie, ti ricordi? Non dissi niente nemmeno a lei. E scrissi una lettera d’addio a lei e a mio fratello, quando riuscii a comunicare con loro, perché anche per loro era pericolosissimo avvicinarsi a me!
 
Ora, Arthur parlava affannosamente, sempre più concitato:
 
― I tuoi … mi ripetevano di continuo che sarei stato ucciso subito, se non fosse stato … per te. Tu mi hai salvato dal primo giorno! Ma mi dicevano che mi avrebbero ammazzato se ti avessi detto una sola parola, e alla fine … avevano deciso di uccidermi comunque. Maria … io avevo paura per me e anche per te, ma non volevo mentirti! Però, se dovessi farlo di nuovo, ti nasconderei tutto ancora, perché quelli lì … perdonami, ti supplico … erano degli assassini, e chissà che ti avrebbero fatto!!! E se tu … e se invece tu non mi avessi creduto …
 
― Basta, ora calmati! – Maria interruppe il fiume di sofferenza che Arthur non riusciva più a controllare. Il ragazzo aveva la voce spezzata, stava per piangere, e lei invece usò un tono fermo ma delicato: ― Hai ragione tu, hai fatto bene. Ma ora, ti prego, calmati …
 
La tenerezza di Maria era ancora tutta per lui: gli si era avvicinata, e nel buio gli aveva posato una mano sul petto ansante, mentre con l’altra gli accarezzò una guancia. Ne avevano passate tante insieme che quel suo gesto così intimo era giustificato.
 
― Volevi proteggermi, e io non l’avevo capito … in effetti, è vero: quando tu sparisti nel cunicolo, arrivò di corsa mio fratello, e vedendo che ti avevo fatto scappare, mi minacciò!
 
Che cosa?! Che maledetto … ti minacciò?!
 
― Non poté mai mettere in atto la sua minaccia, naturalmente, perciò non so che cosa mi volesse fare, mi disse solo “Avrai quel che meriti!” … Mio Dio, devi aver vissuto nel terrore!
 
― Maria … Ti rendi conto che ero spacciato? Tuo padre mi avrebbe fatto ammazzare, era già deciso, e tu mi hai salvato! Perciò … sì, lo so io che cosa ti meriti: tanta felicità. Sei sempre dolcissima con me! ― , e dolcissimo era anche il suo tono di voce, in quel momento: ― E io ti ho scritto di venire per incontrarti, senza più prigioni o costrizioni! Perché vorrei tanto continuare a vederti, sei l’unica cosa bella che Londra mi ha dato …
 
― Ma questo non avverrà. – I due ragazzi sobbalzarono! A parlare, con voce sonora e perentoria, era la zia Constancia, giunta senza che loro se ne avvedessero. La dama aveva visto Arthur portar fuori Maria e aveva atteso, poi non vedendoli rientrare era uscita a cercarli. Le loro voci l’avevano guidata facilmente.
 
― Non se la prenda, Signor Butman, ma è fuori discussione. Maria ha degli obblighi verso il proprio ceto e il proprio casato. Per volontà di suo padre, non potrà sposarsi prima dei diciotto anni, e in questi tre anni avrà tutto il tempo d’incontrare un uomo adatto, per nascita e posizione. Capisce bene che voi due venite da due mondi completamente diversi!
 
― Zia, ti prego …
 
― Maria, vieni via. Io ho acconsentito ad accompagnarti qui perché ci tenevi tanto, ma è il caso che qualcuno ricordi a questo giovane il suo posto e a te il tuo!
 
― Adesso l’ha fatto, Milady, sarà soddisfatta! ― Dal piazzale, si erano avvicinati Georgie e Lowell: gli sposi si erano presi un momento di tregua, e avevano colto benissimo il senso dell’intervento di Lady Dangering. Lowell non si trattenne: ― Ora non crede che sarebbe giusto dar loro almeno il tempo di salutarsi?
 
― Arthur, Maria … noi accompagniamo dentro la nostra ospite. – Georgie era dispiaciutissima, ma lei e Lowell non potevano fare altro che spingere la nobildonna a concedere ai due ragazzi ancora qualche minuto.
 
― Maria … fa’ presto. Stiamo per andarcene. –, e Lady Constancia si allontanò al braccio di Lowell.
 
Arthur si sentiva come se lo avessero derubato. Non gli pareva proprio giusto che gli fosse vietato vedere Maria solo perché lui non era nobile. Un altro addio, anche se diverso da quello nella prigione di villa Dangering, ma pur sempre forzato, e molto più doloroso. Le mani di Maria erano ancora sul suo petto, dove lui le tratteneva con affetto, come per non staccarsi da lei.
 
― Mi sbagliavo: hanno messo in gabbia anche te …
 
― Mi dispiace, Arthur, è stata arrogante, ma sai, mia zia non è cattiva. Crede solo ad un certo ordine delle cose. Come mio tutore, si sente in dovere di fare quello che le regole e la volontà di mio padre impongono …
 
― Ma cos’è questa storia dei diciott’anni?
 
― Mio padre l’ha scritto nel testamento: non potrò sposarmi prima dei diciotto anni, ed erediterò il mio titolo e la mia fortuna sposandomi solo con un uomo “adeguato” … Quest’ultima cosa non mi ha stupito molto, ma i diciotto anni proprio non me li spiego …
 
― Ma tuo padre quando ha fatto testamento?
 
― Sei mesi fa, circa …
 
― Allora, la parte dei diciotto anni è per me! – Arthur era amaro e risoluto, e intanto stringeva le mani di Maria, cercando di confortarla: ― Tuo padre non voleva che tu sposassi me. Non aveva ancora deciso quando mi avrebbe ucciso, ma pensava che se fosse morto, in tre anni, anche senza di lui, Arwin mi avrebbe fatto sparire, in una maniera o nell’altra!
 
― Oh, Arthur! Stavano davvero per ucciderti … ― Per Maria era troppo, e un pianto violento le esplose da dentro.
 
Arthur l’abbracciò stretta. Ma come poteva riportarla dentro e lasciarla andare via così? Avrebbe tanto voluto trovare parole adeguate, ma provava una gran rabbia verso tutti i Dangering, e al tempo stesso era terribilmente triste per lei. Voleva assolutamente farla smettere di piangere, e gli tornò in mente quel bacio furtivo che lei gli aveva dato dicendogli addio la prima volta. No, lui non poteva! non sarebbe stato giusto: lei doveva smettere di soffrire per lui, e le conveniva dimenticarlo. Allora, la baciò su una guancia, con calore, a lungo, e poi:
 
― Ti prego, non piangere. Almeno, non piangere mai più per me: io voglio solo che tu sia felice, mia dolce, coraggiosa Maria … – E Maria, inaspettatamente, smise di piangere davvero. Perché Arthur era bravissimo a tirare su il morale alle ragazze a cui voleva bene, aveva fatto molta pratica.

E finalmente, le tanto attese nozze! Sono rarissime la ff in cui Georgie sposa Lowell, e sono molto contenta della mia originalità!
La fanart ha un modello che ho seguito solo parzialmente e che è questo: 
stock 1034 by sophiaastock, della bravissima sophiaastock.
© 2015 - 2024 Rubina1970
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